IL PALLONE ITALIANO HA PERSO ANCORA UN`OCCASIONE


Riflessioni scaturite dalla brutta partita tra Roma e Juventus
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Il pallone italiano ha perso ancora un'occasione, 12/05/2014 -


A una giornata dal termine il campionato di calcio italiano vive le ultime emozioni tra polemiche, veleni, paure e imperdonabili cattivi esempi che ci arrivano direttamente dal campo. E così, abbiamo assistito a partite oltre il limite della regolarità negli interventi e scontri tra calciatori che si possono considerare assolutamente negativi nel processo di un miglioramento della cultura sociale riguardante il mondo pallonaro. Nel corso della partita Roma Juventus abbiamo visto l’esaltazione del non calcio, l’enfasi di un odio calcistico che va oltre il gioco stesso. Interventi sull’uomo che sanno di vendetta personale, piuttosto che errori di valutazione sulle entrate scomposte per carpire il pallone all’avversario. Ci si dimentica con troppa facilità quanto l’esempio dato dai contendenti in campo sia emulato da una platea che non aspetta altro che mettere in pratica la cattiveria data da quell’orrendo pensiero che sfocia nella non logica di quel “occhio per occhio e dente per dente”. Esasperare gli animi non è proprio il caso, non era per niente opportuno. Eppure il non calcio che abbiamo visto durante Roma Juventus ci allontana da ciò che più ci piace del gioco del pallone e cioè, l’agonismo sano, le bellissime giocate dei campioni, le tattiche, i dribbling perfetti, le trame di gioco, la fluidità con la quale attraverso il gioco di squadra ti  permette di andare in rete e urlare di gioia per il gol fatto. Emozioni allo stato puro e non cattiverie fatte esclusivamente per colpire e far male. Non c’è, non ci può essere calcio attraverso la cattiveria e il semplice gusto di far male fisicamente all’avversario, lasciando perdere di vista il pallone e preoccuparsi soltanto di colpire le gambe e altro, con la chiara volontà di farlo. E allora, anche i calciatori devono ritenersi responsabili dei fatti incresciosi che avvengono sistematicamente dentro e fuori dagli stadi, dove talora ci scappa pure il morto. A Roma ci illudevamo di vedere una partita di calcio tra le due prime della classe, tra le maggiori contendenti di un calcio fatto di record e vittorie senza fine. E, invece, abbiamo visto l’espressione peggiore di ciò che s’intende per il non calcio. Gli scontri tra Totti, Chiellini, Pianic e altri giocatori, non ci fanno disquisire su chi ha cominciato prima a far male, né su di chi è la maggior colpa. Ci preme semplicemente dire che se andiamo ad analizzare minuto per minuto l’intera partita, non ne verremmo più fuori se cercassimo le colpe di una parte e dell’altra. Ci sembra aberrante il pensiero di una premeditazione a dimostrare all’avversario di essere più forti, non giocando a pallone ma colpendolo con l’intento di farlo senza chiedere neppure scusa.  Ciascuno dirà che la colpa è dell’altro, in base all’angolazione dalla quale viene vista e da quale fede sportiva vengono evidenziate le brutture. Ma se ci fermassimo solo un attimo a capire che in una partita del genere nessuno ha vinto, tutti hanno perso, e che soprattutto è proprio il calcio, inteso come arte del pallone ad essere stato sotterrato, calpestato, inibito, ebbene allora ci uniremmo in un unico pensiero solidale che fa capo alla sconfitta del gioco del calcio. Dopo i recenti gravi fatti di ordine pubblico avvenuti proprio a Roma prima della partita di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, c’era bisogno di distrarsi, c’era bisogno di un messaggio certamente diverso da quello che ci hanno dato Roma e Juventus, le due maggiori espressioni del calcio italiano 2013’14. Si è persa un’occasione d’oro, prima ancora di perdere o vincere la partita. Si è perso il senso del gioco, ma, soprattutto, si è persa l’opportunità di dimostrare al mondo quanto noi italiani, così inguaribili e incapaci di fare a meno della magia del pallone, sappiamo ancora essere consapevoli della netta differenza che c’è tra il bene e il male.

Salvino Cavallaro          



Salvino Cavallaro